Distribuzione Marketing Presentazione di un progetto

Le note di regia

Cosa sono esattamente le note di regia e perché sono così importanti?

Tra i documenti fondamentali da preparare quando vuoi cominciare a far promozione al tuo film c’è il Press Kit. Come raccontato anche in questo articolo, il Press Kit serve a fornire tutte le informazioni necessarie sul progetto a chi poi (si spera) dovrà comunicarle ad un pubblico più vasto. È un documento indispensabile poi per l’iscrizione ai festival cinematografici di tutto il mondo.

Un critico, un giornalista, un curatore avrà immediatamente a disposizione sinossi, trama più lunga, crediti, foto, curricula, qualche aneddoto e anche le fantomatiche NOTE DI REGIA.

Ma cosa sono esattamente le note di regia e perché sono così importanti?

È fondamentale innanzitutto chiarire una cosa: la paternità artistica di un film è sempre e solo del regista che lo ha trasportato sullo schermo. Punto. Lui e solo lui ha oneri e onori, solo lui è responsabile del successo o del fallimento artistico del progetto. Certo, prima responsabilità è del produttore che lo ha scelto ed ha scelto storia e maestranze. Ma il risultato qualitativo finale è solo merito (o colpa) di colui che ha coordinato la miriade di scelte narrative, estetiche e attoriali del film. Cioé il regista.

Questo è il motivo per cui le NOTE DI REGIA appaiono di primaria importanza. Anzi, diventano quasi necessarie a placare la curiosità innata di critici e giornalisti, sempre alla ricerca di sofisticazioni e giustificazioni. Le note rappresentano le motivazioni che hanno spinto un regista a prendere certe decisioni (in primis quella di raccontare una storia) e le scelte intraprese per portarle su schermo in un certo modo.

Cosa contengono quindi queste note di regia?

Normalmente informazioni generiche su come è nata l’idea del film, quali sono le giustificazioni artistiche, i temi e i valori che indica; il perché e il come del progetto insomma.

Dal punto di vista formale, poi, non ci sono regole precise: ognuno può trovare il proprio stile, dal più tecnico e secco al più prosaico e narrativo.

Alcune possono essere più prolisse e precise, come quelle di Perfetti Sconosciuti di Genovese: una serie di spiegazioni dettagliate del cosa e del come. Un approccio mainstream in piena linea con il progetto finale direi.

Altre, come quelle del Sacro Gra di Rosi, possono essere più brevi e divise in sotto paragrafi precisi.

Altre ancora stanno sul pezzo della storia e delle motivazioni dei personaggi raccontati aggiungendo poco e niente dal punto di vista stilistico. Questo è il caso de L’ordine delle cose di Segre.

Poi ci sono i miei preferiti: piccoli racconti, piccole suggestioni che al proprio interno racchiudono tutto il senso di un film da ogni punto di vista.

Leggete queste, ad esempio:

“Una volta, in Siberia, c’erano decine di gradi sotto zero, durante una gita che somigliava ad una deportazione, io me ne stavo aggrappato alla poltrona dell’autobus con trentotto di febbre. Ma loro no. L’autobus si è fermato e loro non hanno battuto ciglio, lei molto anziana, il figlio anziano quasi quanto lei. Se ne sono fottuti di tutto. Volevano fare la passeggiata nella tundra. Hanno sfidato un freddo feroce, mano nella mano, e quasi pattinando al ralenti sul ghiaccio sono scivolati intimi, di spalle, in mezzo agli alberi innevati e al niente bianco della Siberia. Quando sono risaliti sull’autobus, allegri e congelati, lui si è messo a parlare con un’altra gitante, un’altra disperata come lui e allora io ho guardato solo la madre. Si era chiusa in un tetro risentimento. Una mummia gelosa e densa di rabbia. Stava pensando, ne sono sicuro, di aver perso, in un colpo solo, il figlio ed il fidanzato. Questo film è nato così, guardando di sbieco, per un attimo, un rapporto morboso, malato, degenerato e al tempo stesso comico. E mi è parso subito un doppio salto mortale fare un film che fosse al tempo stesso malato e leggero, comico e drammatico in eguale misura. E con giocosa incoscienza mi sono lanciato in quello che sempre, a mio parere, dovrebbe essere un film: un salto mortale. Meglio se doppio, o triplo. Come certi tuffi difficili. Un tuffo dentro l’uomo e la sua degenerazione. Che poi sono una endiadi.”

Secondo voi da quale film sono tratte?