FADE IN:
Durante i miei ultimi sette anni passati a scrivere per il cinema, nei quali prima ho seguito quattro corsi di sceneggiatura, ho fatto la lettrice per case di produzione inglesi, per un sito americano per sceneggiatori e per un festival americano; ho scritto due cortometraggi prodotti e tre sceneggiature per lungometraggi (due delle quali arrivate in semi finale in concorsi internazionali). Credo quindi di aver maturato la giusta esperienza per passare informazioni a chi abbia voglia di cimentarsi in questa affascinante avventura: scrivere per lo schermo.
Fermo restando che il film è storia e non formattazione, mi sento però in dovere di ribadire l’importanza della forma.
La formattazione della sceneggiatura è appunto la forma che si dà alla storia e, se vogliamo essere presi in considerazione dalle case produttrici, dobbiamo presentare la nostra storia nel modo più corretto possibile. Perché è vero che l’abito non fa il monaco, ma un abito sciatto dà un’impressione di trascuratezza, di “tirato via”, pregiudica la storia stessa e allontana le possibilità di vedere il nostro film prodotto.
Un piccolo cappello:
Proprio perché ho alle spalle l’esperienza di lettura per case di produzione e festival, so per certo che i lettori spesso non sono pagati, e se sono pagati il compenso è veramente irrisorio. Inoltre le case di produzione e le direzioni dei festival danno ai lettori molte sceneggiature da leggere e commentare. Si chiede al lettore un parere e spessissimo un voto. Il tempo a disposizione è poco. Questa realtà può anche non piacere, ma è una verità con la quale fare “i conti”. Dunque, quando scriviamo, teniamo sempre a mente che probabilmente la nostra sceneggiatura sarà “una del mucchio” e quando scriviamo e rileggiamo dobbiamo domandarci: ma che cosa ha la mia sceneggiatura di speciale? Può veramente fare la differenza nel mucchio che il lettore sotto pagato e con poco tempo leggerà?
Voi obietterete che ci sono molti film nelle sale che non sono poi così speciali, e posso essere anche d’accordo. Purtroppo la polemica non serve! Serve “distinguersi”, serve essere bravi, serve non solo avere un’idea vincente, ma anche una presentazione impeccabile.
L’ esperienza mi ha insegnato questo: la gente che manda le sceneggiature alle case di produzione sa scrivere. Le sceneggiature che ho letto erano formattate bene, erano facili da leggere, comprensibili. Alle volte le storie non erano all’altezza della loro presentazione, potevano essere prevedibili, scontate, o con dei buchi di trama notevoli, ma erano formalmente tutte scritte bene.
Il mercato è estremamente competitivo, non scordiamolo mai. E non lo dico per scoraggiarvi, ma per spronarvi a fare meglio, a dare il meglio di voi stessi. Non serve un talento particolare, ma tanto, tanto lavoro.
Regola 1: i programmi di scrittura
Cercate di usare programmi di formattazione specifici. I più usati sono FINAL DRAFT e CELTX. Il primo è a pagamento (se siete insegnanti o studenti potrete usufruire di uno sconto), il secondo è gratuito. Il carattere da usare è Courier 12. E’ molto importante usare questo tipo di carattere perché non è comprimibile. Una pagina di sceneggiatura corrisponde grosso modo a un minuto di film, dunque l’uso del giusto carattere permette ai produttori/lettori di sapere subito la lunghezza dell’eventuale film.
Regola 2: gli errori di battitura
Controllare e ricontrollare gli errori di battitura, gli errori di grammatica, la punteggiatura, le maiuscole, le minuscole prima di mandare soggetti, trattamenti o sceneggiature a chiunque. Questo tipo di errore fa pensare che l’autore sia stato frettoloso e non abbia riletto il testo. Gli errori di battitura sono frequenti, Final Draft permette di controllare l’ortografia in due lingue, ed è di grande aiuto.
Regola 3: terminologia
La sceneggiatura non deve usare termini tecnici che sono competenza della regia. Non vi preoccupate di scrivere “panoramica”, “piano sequenza”, “dolly”, “establishing shot”, “CUT TO”, ecc… Il regista non desidera che gli si dica come fare il suo lavoro (a nessuno piace). Ricordatevi sempre che lo sceneggiatore scrive la storia, il regista decide come raccontarla.
Tutti i riferimenti tecnici, inoltre, sono noiosi da leggere, rallentano la lettura e di fatto non aggiungono niente alla storia stessa.
È possibile suggerire al regista indicazioni su come girare una scena, come inquadrare un certo personaggio ecc… più avanti parlerò di questo problema o meglio di questa “tattica”.
Regola 4: la scrittura visiva
La sceneggiatura è per eccellenza una scrittura “visiva”: bisogna scrivere ciò che si vede. I personaggi non possono pensare e sentire perché i pensieri e i sentimenti non sono filmabili. Se un personaggio è arrabbiato ad esempio, dovete pensare che cosa fa perché lo spettatore pensi che sia arrabbiato. Dunque non scrivere “Carlo è arrabbiato”, ma magari optare per qualcosa come: “Carlo sbatte i pugni sul tavolo, allunga il collo in avanti, prende la forchetta al lato del suo piatto e la brandisce contro Giulio”. Lo spettatore allora vede (e capisce) che Carlo è arrabbiato.
Un ottimo esempio di come Mark Andrus e James L. Brooks hanno risolto la scena in cui Melvin sta pensando e dai suoi pensieri ne scaturisce un’idea, in “Qualcosa è cambiato”. È la scena in cui Melvin, che ha appena ridato Verdel al suo padrone e teme che Carol lasci il suo lavoro a causa delle continue malattie del figlio, pensa a cosa deve fare. Vi ricordate la scena? Melvin sta alla scrivania, non riesce a lavorare, si alza, va alla finestra (lo vediamo dietro alla finestra, dalla strada), guarda fuori per qualche secondo poi… in fretta (ecco l’idea) si gira ed esce dalla stanza.
Un consiglio: quando non sono sicura di come descrivere un sentimento, un’emozione ecc… faccio una ricerca su Google. Inserisco nel motore di ricerca ad esempio “uomo arrabbiato” e clicco su immagini. Lo schermo si riempie di immagini di uomini arrabbiati che osservo attentamente e di cui annoto i gesti. Potete anche cercare “uomo arrabbiato” su YouTube e annotare i gesti che la gente arrabbiata fa di solito.
Regola 5: il tempo dei verbi
In sceneggiatura esiste solo un tempo per tutti i verbi: il presente. Il film è ciò che scorre davanti ai nostri occhi, non ciò che è accaduto prima della scena che stiamo vedendo. Dunque tutti i tempi al passato, qualsiasi passato, vanno trasformati in presente. La stessa regola vale per il futuro.
Anche le forme come “sta cucinando” sono mal viste, meglio scrivere “cucina”. Non è forse la stessa immagine?
Chiaramente la regola del tempo dei verbi si applica alle righe di descrizione/azione, non ai dialoghi.
Regola 6: le righe di descrizione
Cercate di non scrivere lunghe descrizioni/azioni: descrizioni o righe di azioni più lunghe di 3 righe diventano difficili da seguire per il lettore.
Questa regola può sembrare restrittiva, arbitraria e “sciocca”, ma non lo è per le seguenti ragioni:
- Più la pagina è bianca, più facile sarà per il lettore leggerla.
- Se un personaggio fa molte azioni nello stesso paragrafo sarà meno facile per l’eventuale lettore visualizzarlo. Se si interrompe la descrizione delle azioni da un doppio spazio, l’attenzione del lettore verrà “riattivata”.
- Fate frasi corte, la sceneggiatura non è un romanzo di narrativa.
- Il dover rispettare la regola delle tre righe obbliga lo scrittore ad essere sintetico, a trovare soluzioni per descrivere le azioni di un personaggio, i suoi sentimenti, i suoi pensieri attraverso le azioni o espressioni del viso ecc… con meno parole, ad essere chiaro e diretto come le immagini che vuole suggerire.
Questa regola può sembrare difficile. Verissimo! Ma se scrivete tenendola sempre a mente, riuscirete ad essere sintetici e a descrivere ciò che vorrete anche in meno di tre righe.
Niente panico però, non succede niente se ogni tanto le vostre descrizioni saranno più lunghe di tre righe: questi paragrafi dovranno essere l’eccezione o le poche eccezioni alla regola.
Consiglio 1: aprite un dizionario dei sinonimi on line. Ce ne sono molti, trovate il sito che vi piace di più e tenetelo sempre aperto mentre scrivete: è incredibile quante possibilità si hanno di descrivere la stessa immagine con parole diverse, come meno parole, con parole più corte.
Consiglio 2: evitate il più possibile gli avverbi, aggiungono parole, ma non aggiungono concetti reali. Questo è un consiglio che ho trovato leggendo il saggio “On Writing” di Stephen King. Il grande scrittore odia tutti i “mente” e dimostra come i “mente” (in inglese ly) appesantiscano la narrativa e non aggiungano niente di veramente essenziale alla storia. E la scrittura per il cinema deve essere essenziale.
Regola 7 : i dialoghi
Cercate di scrivere non più di 3 righe di dialogo per ogni personaggio. Qui si può forse sgarrare un po’ di più, ma ricordate sempre che il cinema non è una sala di teatro. Quando andiamo al cinema siamo davanti a un grande schermo dove le immagini raccontano la storia. A teatro i personaggi devono spiegare le loro azioni, i loro sentimenti, le loro motivazioni ecc… Sono su di un palco, e, a meno di stare in platea nelle prime file, essi sono lontani dal pubblico, a “grandezza naturale”. Gli spettatori non possono vedere le espressioni del viso se non da lontano. Al cinema le immagini prendono tutto lo schermo e un personaggio che, ad esempio, chiude gli occhi, si vede subito. Le immagini spiegano il “non detto”.
I dialoghi sono avvincenti quando sono serrati e/o intramezzati dalle azioni.
Anche qui: la regola sembra difficile, ma non lo è più di tanto. Inoltre si può sgarrare: se un personaggio deve fare un discorso, ad esempio, è chiaro che non può essere interrotto e le righe di dialogo saranno più di tre.
Consiglio al riguardo di leggere “A spasso con Miss Daisy” l’opera teatrale scritta da Alfred Uhry e di paragonarla alla sceneggiatura del film (sempre scritta dallo stesso autore). Spesso ciò che era detto a teatro in righe di dialogo, diventa una scena distinta (anche molto breve) al cinema. L’opera teatrale si trova su Amazon in versione Kindle per pochissimi euro.
Regola 8: il titolo
Il titolo va scritto in maiuscolo al centro della pagina, seguito subito dal nome del o degli autori. In basso a sinistra va scritto il nome del o degli autori, l’indirizzo, il recapito telefonico e l’e-mail. Non consiglio di mettere il numero della registrazione presso la SIAE o altri enti, soprattutto se inviate la sceneggiatura oltre oceano. Dovete registrare la sceneggiatura, certo, ma non c’è bisogno di inviare il numero della registrazione. Eccovi un esempio:
TITOLO
di
Nome dell’autore
Nome dell’autore
Indirizzo completo Via…
Città…
Paese
Recapito telefonico
Conclusioni
Avere un’idea originale, saperla sviluppare in una storia interessante e infine raccontarla nel modo giusto: queste sono le caratteristiche di uno sceneggiatore professionista. Avere solo uno di questi tre aspetti non è sufficiente a stuzzicare l’interesse di un produttore. Se si vuole intraprendere una possibile carriera in questo settore, faremo meglio a rimboccarci le maniche e imparare a fare i conti con questa amara verità. La qualità si ottiene con la fatica, non con le scuse e le colpe generalizzate.
FADE OUT.
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