- Ci puoi presentare il tuo progetto? Breve trama, cast tecnico/artistico, giorni di produzione, budget complessivo (compreso gratuità o tempo lavorativo non retribuito)
Tutto è 3 in Three the Movie. Il Friuli, una regione delimitata da 3 confini (Italia, Slovenia, Austria), 3 giovani protagonisti, 3 religioni monoteiste (cristiana, ebrea, mussulmana) e 3 nazionalità (italiana, ucraina, iraniana). Una storia ambientata a Udine, anzi 3 storie, o meglio 9 (3 volte 3) come sono 9 i personaggi… da sempre terra di passaggio. Nel profondo Nord-Est, le vite di tre ragazzi, l’anelito alla felicità, l’uguaglianza delle diversità… un racconto umano e di convivenza (ma sarà integrazione?). La trama sfocia a dimensioni filosofiche, visionarie, surreali…
Riassumerla è un po’ complesso. C’è molto di più dentro.
E’ un’opera prima, sia per me che per Yassine Marco Marroccu, regista italo-marocchino, che mi accompagnava nella direzione delle riprese.
Il cast è formato da giovani attori formati all’Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine, Massimiliano Grazioli (Mehdi, l’iraniano) e Alberto Torquati (Pavel, l’ucraino). Vivianne Treschow è un’attrice svedese, scelta da Marroccu, di madre ucraina e papà iraniano curdo (l’ho presa come una fatalità!). Gli antagonisti sono Werner Di Donato (l’uomo cieco), attore di teatro e doppiatore friulano, Saverio Indrio (mons. Angelo) noto doppiatore, e Chiara Pavoni (la donna misteriosa) attrice e artista poliedrica, naturalizzata romana; Ivan Senin (novizio Edo) attore di origine russa, Edoardo Sguazzin (artista) e Alejandro Paitun Flocco (l’Angelo) di origine colombiana.
La troupe: Ronald Kosturi, supervisore artistico, albanese, Luca Coassin, direttore della fotografia, friulano che lavora soprattutto all’estero, Roberto Salvalaio (autore delle musiche), noto musicista e direttore d’orchestra veneziano, ma attivo soprattutto all’estero.
Molte altre presenze straniere sul set, dove al tempo stesso, ho cercato di dare risalto alle maestranze friulane. Per esiguità delle risorse, i compensi erano molto contenuti, ma i contributi enpals sono stati versati anche ai gratuiti.
- Cosa ti ha spinto ad intraprendere la realizzazione del film?
Una storia da raccontare soprattutto, la voglia di cimentarmi e una scommessa con me stessa.
- Quanto tempo fa hai cominciato a ideare il progetto e dopo quanto hai cominciato la produzione?
Ho iniziato a scrivere nel 2005 circa un paio di anni prima di girare, e fin da subito ho cercato sostegni pubblici e privati. Ho iniziato fattivamente a organizzare la produzione circa 8 mesi prima di girare.
- In quanto tempo, dall’ideazione, hai completato il progetto? Avevi una deadline di qualche genere?
Un anno di tempo dall’ideazione alla prima bozza di montaggio. Ma il film montato sulla base della sceneggiatura, presentava molti problemi, errori di continuità e cambi meteorologici che facevano saltare la linea temporale originale.
Sconfortata, mi sono presa un anno “sabbatico” per creare un distacco dal film. Durante quest’anno ho frequentato un master in sceneggiatura che mi ha permesso di guardare il film con occhio esterno e trovare le soluzioni. In pratica ho riscritto il film quasi completamente. E’ stato come ricomporre un mosaico.
Mi sono concessa questi tempi “riflessivi” perché anche produttrice. Nessuna deadline. Unico diktat: qualità ai massimi livelli possibili. Il film sarebbe pronto quando lo avrei sentito pronto, non prima, e anche se poi, per uscire da un momento di empasse creativa e tecnica, l’ho chiuso in una prima veste con il titolo di Trê – Sé – Shalosh, l’ho fatto per saggiare il parere della critica e le prime reazioni del pubblico, e rendermi conto se davvero valeva la pena investire altre energie e risorse per perfezionare il film.
Da questo primo test compresi che ne valeva la pena e mi attrezzai fino al risultato finale.
Sommando tutti i tempi, le pause e ripensamenti, 10 anni. Il film è maturato con me ed io con lui.
- In che modo hai cercato/trovato risorse economiche e collaboratori per produrre il tuo lavoro?
Abbiamo cercato sostegni e sponsorizzazioni, pubblici e privati, ovunque. Allora si cominciava a parlare di product placement ma forse i tempi erano ancora prematuri.
E’ stato importante invece il supporto logistico di aziende friulane, prima fra tutte la Videe di Pordenone che ci ha fornito telecamere e varie attrezzature in comodato d’uso gratuito; poi servizi di ristorazione per il catering, locali pubblici dove poter girare gratuitamente, negozi che ci hanno prestato i costumi o gli oggetti di scena, fino alla lavasecco che ha lavato gli abiti per restituirli puliti. Non soldi dunque, ma molte spese risparmiate.
Ad ogni modo è andata bene così: le poche risorse aguzzano l’ingegno e stimolano la creatività.
- Quali sono i problemi progettuali che, secondo te, ti hanno impedito di trovare le risorse di cui avevi bisogno?
Più che errori progettuali, penso che non avessimo peso “politico” né sufficiente credito come professionisti. Era la prima esperienza di sceneggiatura, di regia di lungo, di produzione (cose di cui ora ne vado fiera) e non sono riuscita a far valere il peso di presenze professionali più determinanti, come il direttore della fotografia e alcuni attori di grande esperienza, o l’autore della colonna sonora, musicista e compositore affermato (sebbene anche lui alla prima esperienza nella musica da film).
- Come hai creato la tua troupe? Se non erano amici, in che modo hai trovato e coinvolto gli estranei? Come li hai convinti sulla bontà del tuo progetto?
Ho conosciuto Luca Coassin, il direttore della fotografia, su un altro set. Mi piaceva come lavorava, era capace, veloce e sicuro. Volevo poi che l’occhio che ritraesse Udine avesse familiarità con la città, e Luca è friulano. Scelsi Yassine Marco Marroccu, il co-regista italo-marocchino, perché mi serviva un “mediatore culturale” per le riprese con la comunità araba e gli altri immigrati. Ronald Kosturi, il supervisore artistico, me lo fece conoscere Yassine (e ancora lo ringrazio per questo). Poi amici portati dall’una e dall’altra parte e incontri fortuiti.
- Qual è l’errore n.1 che pensi di aver commesso durante l’intero processo produttivo e che oggi non ricommetteresti più?
Senz’altro, a un certo punto, l’aver perso il controllo del set, e averlo permesso.
- Qual è il pubblico del tuo film? Come lo hai cercato? Come lo stai coinvolgendo o lo hai coinvolto?
Un pubblico attento e che si interroga, che coglie gli stimoli intellettuali, ma che si lascia anche coinvolgere emotivamente dalla storia. Dalla prima che abbiamo fatto a Roma il 12 ottobre scorso, poche le uscite in sala. Abbiamo puntato all’ottenimento della qualifica di film d’essai e di quella ci opera cinematografica di espressione originale italiana del MiBACT. Le sale d’essai saranno le naturale destinazione di questo film, ma cercheremo di fare anche qualche passaggio infrasettimanale nelle sale Uci e TheSpace. Per la campagna promozionale abbiamo fatto noi uno studio, ma cerchiamo ancora una agenzia di marketing e di comunicazione con la quale verificare lo studio e tararlo meglio sul film e sulle nostre esigenze.
- Quali sono le aspettative distributive che ti sei posto? Come hai programmato di ottenerle?
Fin dall’inizio della produzione abbiamo cercato di coinvolgere i distributori. Sapevamo che impegnare un distributore fin dalla riprese era importante, anche se poteva voler dire rinunciare a un po’ di indipendenza. Tuttavia non ci siamo riusciti. Decisi comunque a realizzare il film, eravamo consapevoli che probabilmente avremmo intrapreso da soli anche la distribuzione.
- Hai negoziato con Sales Agents o Distributori? Se sì, puoi raccontarci il tuo approccio e la tua esperienza diretta?
Dialogando con i distributori ho appreso un meccanismo importante: che un distributore può essere interessato al tuo film se questo può garantirsi il successivo passaggio in televisione. Salvo che per Checco Zalone e pochi altri film (parliamo di film italiani), i veri incassi non arrivano dal passaggio in sala, ma dal successivo passaggio in televisione. E nei pochi contatti che sono riuscita ad avere il mio film è stato sottoposto ai “televisivi” che valutavano se il film poteva avere i tagli per gli spot pubblicitari (!).
- Nell’approccio con un Sales o un Distributore, qual è un consiglio valido che daresti a un autore/produttore alla prima esperienza?
Non fermarsi mai alla prima proposta, ma valutare più sales. E’ un mondo che ancora ammetto di non conoscere bene. Ognuno applica le proprie regole. Non è detto poi che trovare un distributore sia la soluzione migliore. Mi pongo questo dubbio: posso dare in affido il mio unico “figlio”, ed esser sicura che l’affidatario, tra tanti altri che ne ha, abbia più cura di lui di me che ne sono il genitore?
14. Puoi nominare cinque consigli “molto pratici”, e per te fondamentali, da dare a chi sta per produrre un piccolo film?
- Non abbiate fretta di girare: sottoponete la sceneggiatura a più revisioni e lasciatela “decantare”. Se riletta dopo un po’ convince ancora, allora si può girare.
- Conosciate bene le persone con cui girate, sia professionalmente, che personalmente, e prediligete un set il più possibile leggero.
- Siate flessibili, aperti agli imprevisti e al cambiamento, senza non ostinarvi a seguire il percorso pre-tracciato che rischia solo di forzare le cose.
- Seguite la vostra “creatura” dall’inizio alla fine (non riesco a pensare a un regista che non scriva e che non monti)
- La paura è normale. Rimanete centrati sull’obiettivo.
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